martedì 21 maggio 2013

Henry Winkler: da Fonzie ad autore di libri che raccontano la dislessia.


di Tea MUGNANO

Crescere da dislessici in una realtà dove non si conosce questo disturbo, non è semplice. Che sia la Termoli dei giorni nostri o gli Stati Uniti degli anni ’50 poco cambia: affrontare la vita di tutti i giorni è comunque difficile.
Henry Winkler, conosciuto dal pubblico internazionale come Fonzie Fonzarello, grazie alla serie tv “Happy Days”, attualmente è stato apprezzato dal mondo editoriale grazie ai suoi libri per ragazzi che hanno come protagonista Hank Zipzer, un ragazzino di quasi dieci anni dislessico.
“Sono nato da genitori tedeschi – racconta Winkler – di statura bassa, a scuola andavo malissimo: inglese, matematica, geografia tutte materie in cui trovavo difficoltà, ma, all’ora di pranzo, ero imbattibile”.
“I miei genitori volevano che prendessi le redini dell’azienda di famiglia ma io, già all’età di sette anni, volevo fare l’attore”.
“Mi dicevano in continuazione che ero stupido, i miei mi chiamavano “Stupido cane” però dentro di me non credevo e non volevo essere stupido. Se da quando si è piccoli, ci si sente dire che si è stupidi, si finisce per crederci. Quando si sa cosa si vuole essere, quel pensiero non deve mai sfuggire, così sono andato a Hollywood. Le difficoltà che s’incontrano a scuola, non ha niente a che fare con la grandezza che abbiamo dentro di noi: If you will it is not a dream (se tu lo vuoi non è un sogno). Sono due le parole da cui mi lascio ispirare: Tenacia, che ci fa arrivare all’obiettivo; e Gratitudine, perché non ci fa provare rabbia o rancore durante il percorso”.
“Dopo un  po’ di tempo feci un provino: entrai nella stanza, mi guardai in giro e gettai a terra il copione; grazie a quel gesto ed anche al fatto di averci provato, per dieci anni dissi “Hey” (espressione simbolo di Fonzie). Non si sa quello che si può raggiungere se non si prova”.
“A cinque anni, mio figlio doveva fare un tema ma aveva scritto solo poche righe. Noi sapevamo che lui era bravo a scuola quindi pensavamo che fosse solo pigro. Un giorno, però gli facemmo svolgere dei test ed ho visto che anch’io provavo delle difficoltà a svolgerli. A 31 anni scoprii di essere dislessico: non ero stupido, non ero pigro, ero solo dislessico".
“La prima sensazione che avevo provato era rabbia, perché non capivo, poi ho affrontato la questione ed ora sono orgoglioso”.
“A tutti gli insegnati vorrei dire una cosa: i ragazzi non si svegliano la mattina e consciamente vanno a scuola per fare pasticci, dipende tutto dalla loro frustrazione. La dislessia è una condizione ereditaria, il nostro lavoro è guardare il ragazzo e capire che apprende in maniera diversa; dobbiamo fare in modo che l’immagine del bambino che ha di se, resti alta”.
Un libro per ragazzi ma, soprattutto, per i genitori e gli educatori che, tramite queste storie, possono vivere in prima persona la condizione dell’essere dislessico.

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